Silvia Villa
Silvia Villa
"La matematica incontra la medicina per aiutarla a risolvere problemi complessi."
Silvia Villa è una giovane ricercatrice. Si è laureata in Matematica presso l’Università degli Studi di Genova nel 2001 con una tesi sui funzionali integrali. Attualmente lavora presso il Dipartimento di Matematica di Genova. Uno dei suoi progetti di ricerca riguarda la teoria dei giochi applicata allo studio e alla ottimizzazione degli scambi tra donatori di reni. Un esempio interessante di come la ricerca matematica non si occupi solo di problemi astratti, ma spesso abbia importanti applicazioni addirittura nel migliorare la qualità della vita.
Silvia, cos’è per te la matematica?
La matematica è il mio lavoro, ma anche una passione che nasce da lontano.
Cioè se ti chiedessi quale era il tuo voto di matematica al liceo risponderesti 8?
Devo ammetterlo! La matematica è sempre stata la mia materia preferita!
Come è avvenuto l’incontro di una matematica con la medicina?
É successo tutto per caso. Volevo fare qualcosa di innovativo e di diverso: desideravo applicare le mie conoscenze teoriche a qualcosa di più applicato alla realtà. Così ho deciso di contattare Fioravante Patrone, professore esperto di teoria dei giochi. E’ stato lui a parlarmi della possibilità di applicare la teoria dei giochi alla medicina.
In che ambito della medicina si inserisce il tuo studio?
Mi occupo dello studio di alcuni problemi connessi ai trapianti di reni. Per comprendere la natura del problema è necessario premettere che non esiste solo la possibilità di ricevere organi da persone decedute, ma, per organi come il rene, è possibile ottenere il trapianto anche da una persona vivente. Quello che nella pratica succede quindi è che un paziente che ha bisogno di un trapianto può rivolgersi ad un parente stretto e presentarlo come possibile donatore. Purtroppo a volte, dopo tutto l’iter di analisi atte a verificare l’idoneità psicologica del donatore e la compatibilità biologica può verificarsi che il donatore presentato non risulti compatibile. In questo caso è possibile che la coppia aderisca ad un programma che si chiama Crossover che raggruppa insiemi di coppie incompatibili tra cui vengono organizzati dei veri e propri scambi tra donatori: si può quindi ricevere il rene non dal proprio donatore ma dal donatore di un’altra persona e in cambio “regalare” il proprio donatore ad un altro paziente.
E’ proprio in questo gioco di scambi che entra la matematica?
Esatto entra, più correttamente, la teoria dei giochi: tale ramo della matematica si presta particolarmente all’analisi di questo tipo di problemi perchè nei risultati che fornisce per ottenere un sistema di allocazione efficiente è possibile tenere in considerazione anche vincoli che riguardano la necessità di raggiungere soluzioni eque e che tengano conto di problemi etici.
Che tipo di risultati siete riusciti ad ottenere?
Il primo risultato è stato quello di adattare dei modelli già esistenti e utilizzati per lo studio di alcuni aspetti legati all’economia alla nostra particolare situazione. Il secondo risultato è stato un’analisi del comportamento strategico degli attori in gioco coinvolti che ricordiamo essere: pazienti, donatori e medici. Il principale aspetto che abbiamo messo in luce è che nella costruzione di un meccanismo che dovrebbe portare a risultati efficienti, il comportamento strategico dei pazienti può inficiare l’efficienza stessa. Ad esempio, nel caso in cui un paziente avesse a disposizione più di un donatore, potrebbe avere interesse a mettere in atto un comportamento che si potrebbe definire “iniquo” nascondendone uno e pensando così di ottenere per se stesso dei risultati migliori. Il modello dimostra invece che la scelta, per così dire, egoistica non è quella vincente.
Il tuo lavoro si svolge con un’equipe di medici: quali sono le difficoltà maggiori che hai incontrato e che tuttora incontri?
Senza dubbio la difficoltà principale è il linguaggio. I matematici forse non se ne accorgono, lo fanno inconsapevolmente, e lo faccio anche io, ma nel momento in cui parliamo degli aspetti dei problemi utilizziamo un linguaggio che spesso è incomprensibile a chi non è abituato ad affrontare le questioni con la nostra forma mentis. D’altronde il problema è anche opposto, nel senso che a volte è stato difficile comprendere il linguaggio dei medici.
Quali sono stati gli stimoli più belli di questo lavoro interdisciplinare?
Stimoli tantissimi, non saprei nemmeno descriverli in maniera dettagliata. Di sicuro è il lavoro più bello che ho fatto finora perchè è stato un modo per rivalutare la matematica e vederla non più solo come un gioco o una divertente forma di enigmistica, ma come qualcosa di davvero utile per la società.
Più in generale, quali prospettive vedi nei rapporti tra matematica e medicina? Pensi che i medici abbiano bisogno di matematici al loro fianco?
Matematica e medicina sono sempre più strettamente legate: sia per quello che riguarda lo studio e l’analisi della grandissima mole di dati che proviene dagli studi nell’ambito genomico sia per quello che riguarda gli aspetti dell’analisi statistica di dati medici. Insomma vedo un futuro in cui matematici e medici porteranno avanti le ricerche stando “a braccetto”.
Dalla tua storia traspare passione e la sensazione che fare ricerca nell’ambito della matematica è un’avventura entusiasmante: esattamente il contrario di quello che pensano molti ragazzi durante la scuola dell’obbligo o alle superiori. Cosa ti sentiresti di dire ad un ragazzo che odia la matematica?
Di dare alla matematica ancora una possibilità. Nasconde cose molto affascinanti che non sempre nel percorso scolastico si ha la fortuna di incontrare.
Intervista di Silvia De Stefano