Tra matematica e fisica… nel Medioevo(parte IV)
La concezione del cosmo durante la Scolastica è quella elaborata dalla filosofia naturale ellenica. Una serie di considerazioni, ben ricapitolate da Aristotele, stavano alla base della credenza che la Terra fosse sferica. Un’altra struttura sferica si imponeva all’attenzione degli antichi osservatori: la volta celeste con le stelle fisse. Le altre componenti della natura furono adattate a un’idea generale di configurazione sferica del cosmo.
Così, i quattro elementi della materia terrestre – la terra, l’acqua, l’aria e il fuoco – furono disposti secondo una struttura di sfere concentriche. Partendo dal centro, c’era prima la sfera della terra (costitutiva del nostro pianeta); su di essa uno strato superiore, equivalente alla sfera dell’acqua, formato da fiumi, laghi, mari, oceani; a sua volta, sull’acqua c’era l’atmosfera (la sfera dell’aria); infine, sopra l’atmosfera si pensava che ci fosse anche una sfera del fuoco che si manifestava occasionalmente, ad esempio con i fulmini che cadono a terra dall’alto.
Secondo questa concezione, i corpi terrestri si muovevano naturalmente di moto rettilineo verso il centro della Terra o in direzione opposta: pensiamo alla caduta rettilinea di un sasso verso il basso, oppure al fuoco della fiamma di una candela che sale dritta verso l’alto. Tutto ciò che era fatto di terra, acqua, aria e fuoco si muoveva in questo modo. I corpi celesti, invece, sembravano muoversi di moto circolare attorno al centro della Terra. Così si muovevano infatti il Sole, la Luna, le stelle e i pianeti. Ciò portava a credere che i corpi celesti non potessero essere fatti di terra, acqua, aria e fuoco, perché altrimenti sarebbero caduti sulla Terra (o si sarebbero allontanati da essa) in linea retta. I corpi celesti dovevano pertanto essere costituiti da un quinto elemento: l’etere. Sopra la sfera del fuoco iniziavano così le sfere celesti fatte di etere, contenenti i corpi celesti, anch’essi fatti di etere.
Diverse considerazioni portarono a stabilire un determinato ordine dei corpi celesti. Come criterio prevalse quello che più il corpo celeste è lento nel suo moto attorno alla Terra, più è lontano. Partendo dalla Terra, l’ordinamento maggiormente accettato prevedeva la Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno e le stelle fisse.
Il cosmo aveva pertanto il suo limite estremo nella sfera delle stelle fisse e il suo centro nel centro della Terra. Quest’ultima caratteristica, il fatto di avere un centro geometrico, implicava che il cosmo fosse limitato. La sfera delle stelle fisse quindi doveva avere uno spessore finito, e al di fuori della sfera delle stelle fisse non poteva esistere nulla.
Questa cosmologia di origine greca fu generalmente accettata durante la Scolastica. La ritroviamo nella Divina Commedia di Dante Alighieri che, oltre la sfera delle stelle fisse, pone l’empireo con Dio e le anime dei beati.
Nicola d’Oresme si interessò alla struttura del cosmo e, nel contesto della sua analisi dello spazio, si pose il problema dello spazio al di fuori della sfera delle stelle fisse. Per Nicola, oltre il cosmo materiale non c’è il nulla, ma esiste qualcosa: uno spazio infinito e vuoto. Ricordiamoci che il vuoto è, per Nicola, uno spazio dove non ci sono dei corpi ma potrebbero essercene. Oltre le stelle fisse non ci sono dei corpi, ma nulla impedirebbe a Dio onnipotente di crearne di nuovi. L’onnipotenza di Dio è pertanto la prima motivazione a sostegno dell’esistenza di uno spazio infinito al di fuori del cosmo.
Una seconda ragione addotta da Nicola è descritta con un’operazione ai limiti della fantascienza. Nicola immagina di andare, con un ipotetico viaggio, fino all’antico confine del cosmo e, stando sul bordo esterno della sfera delle stelle fisse, di stendere un braccio ulteriormente all’esterno. Non essendoci alcun ostacolo materiale che impedisca di allungare il braccio oltre il bordo della sfera delle stelle fisse, Nicola ritiene quindi che lo si possa fare; occorre però che esista uno spazio nel quale il braccio possa andare a essere localizzato. E se invece di un braccio, immaginassimo di far uscire dal confine del cosmo un oggetto di qualsivoglia dimensione? Ecco che all’esterno deve esistere uno spazio, non solo vuoto, ma anche infinito! [continua…]
Leonardo Gariboldi