The Imitation Game - L’enigma di un genio
Dopo le 5 nomination - ma nessun premio - ai Golden Globe, il film era in corsa per 8 statuette agli Oscar 2015, tra cui le più prestigiose: “Miglior film”, “Miglior attore protagonista”, “Miglior regista”, “Miglior sceneggiatura non originale”. Parliamo di The Imitation Game (di Morten Tyldum, 2014) (il trailer ufficiale è qui), basato sulla biografia Alan Turing. Storia di un enigma, di Andrew Hodges. Ha vinto la famosa statuetta per la “Miglior sceneggiatura non originale”.
Manchester, 1951. Il celebre matematico e crittografo inglese Alan M. Turing (1912-1954), oggi riconosciuto come il padre dell’informatica e dell’intelligenza artificiale, è arrestato per atti osceni. L’agente Nock sospetta che possa nascondere qualcosa e lo incalza in un interrogatorio che vuole andare a fondo della sua personalità e della sua storia. Turing si racconta e sullo schermo scorre la sua biografia. Un susseguirsi di flashback e flashforward compongono man mano tre momenti fondamentali della sua vita: nel 1928 il giovane Turing è studente alla Sherborne School, legge libri di crittoanalisi ed è già chiara la sua spiccata attitudine scientifica, ma il carattere schivo e strano lo isola da tutti i compagni, fatta eccezione per Cristopher Morcom, a cui è legato da profonda affinità e che morirà di lì a poco per malattia.
Tra il ’39 e i primi anni ’40 è il secondo momento: siamo a Bletchley Park, campus a 75 km da Londra. Turing è nel ristretto e segretissimo team di menti che devono decifrare i messaggi della macchina Enigma, con cui i tedeschi criptano le informazioni strategiche ogni giorno con impostazioni diverse. Tra non poche ostilità, Turing mette a punto una macchina che decifra i messaggi e dà un contributo sostanziale alla vittoria degli alleati nella II Guerra Mondiale. Il terzo momento - a partire dal 1951- inizia con l’arresto di Turing per la sua omosessualità, allora reato in Gran Bretagna, e tutte le angherie che deve subire, fino all’accettazione della castrazione chimica in alternativa al carcere. Turing muore suicida nel 1954.
Del film avevamo già fatto cenno nel giugno 2012 (n. 33 di XlaTangente, allora in versione cartacea). Era il momento delle celebrazioni del centenario della nascita del matematico e del film non erano nemmeno iniziate le riprese, anzi, ancora si discuteva di acquisizione di diritti, registi e interpreti possibili. La The Weinstein Company si è poi aggiudicata i diritti della sceneggiatura per 7 milioni di dollari! Una bella cifra ma, al momento in cui scrivo, il film ha già incassato 17 volte tanto! Uscito nel 2014 (a 60 anni dalla morte di Turing), è nelle sale italiane da inizio 2015.
Particolare della scultura realizzata in ardesia da Stephen Kettle ed esposta a Bletchey Park. Foto di Antoine Taveneaux, CC BY-SA 3.0 |
Per interpretare il ruolo di Turing, a Leonardo Di Caprio, che sembrava il favorito, è stato preferito Benedict Cumberbatch, un attore inglese da noi poco conosciuto, ma già distintosi per altri ruoli, tra cui quello dell’astrofisico Stephen Hawking in un film per la Tv di una decina di anni or sono.
Una scelta assolutamente vincente perché, complice anche la somiglianza fisica, la sua interpretazione magistrale è a mio parere il punto di maggiore forza del film. Ironia della sorte, Cumberbatch concorre all’Oscar come “Miglior attore protagonista” insieme a Eddie Remaine, lo Stephen Hawking di La teoria del tutto, che gli ha già strappato il Golden Globe.
Incisiva anche l’interpretazione di Alex Lawther nel ruolo di Turing ragazzino, in piena congruenza con Turing adulto. Altrettanto va detto di Keira Knightley, che interpreta una figura influente del film, la giovane crittoanalista Joan Clarke del gruppo di lavoro di Turing. Knightley era candidata all’Oscar come “Miglior attrice non protagonista”. Gli altri passano inevitabilmente in secondo piano, sebbene diversi siano di valore: tra tutti, Matthew Goode, che è Hugh Alexander, il geniale campione di scacchi per un po’ a capo del gruppo, ora in competizione ora in sinergia con Turing.
I 112 minuti del film scorrono in un soffio perché è godibile e appassionante; la sceneggiatura è forte e la regia ben curata; la musica di Alexandre Desplat, ben eseguita dalla London Simphony Orchestra, ha lo stesso registro emozionale del film. Ma chi conosce Turing e la storia di cui è stato protagonista può avere reazioni avverse, perché gli scostamenti dai fatti reali sono molti.
Personalmente, trovo irrilevante che l’arresto di Turing sia collocato nel 1951 invece che nel 1952. Irrilevante anche che il detective Nock falsifichi un documento nel 1951 con il bianchetto, inventato solo qualche anno dopo.
Giudico però puerile la resa del carattere di Turing. Scontroso, pieno di sé e sicuro della sua genialità, è del tutto incapace di gestire i rapporti sociali (nemmeno nella più semplice situazione di un invito dei colleghi per la pausa pranzo), ma gli basta qualche consiglio dell’affezionata Joan per ammorbidire i toni e trovare un minimo di armonia nel gruppo.
Anche il racconto di una storia in realtà molto complessa avviene in modo troppo semplicistico. La decifrazione di Enigma non fu solo merito di 4-5 geni chiusi nella baracca di Bletchley Park: al campus lavoravano migliaia di crittoanalisti e Turing decifrò Enigma con una macchina che si basava su un primo prototipo polacco, la Bomba. Sulle idee di Turing fu realizzata la celebre Colossus, progenitore dei computer, a cui Turing continuò a lavorare dopo la guerra.
Lo spettatore comprende invece dal film che l’intera vita di Turing è legata a doppio filo a una sola macchina di nome Cristopher, che ha il ruolo di motore emozionale e che non a caso porta il nome di quel ragazzino di cui Turing si era infatuato a scuola.
Certo la scelta è coerente con il tratto distintivo del film, tutto basato su sotterfugi, segreti da tenere ben nascosti, diversità da non mostrare, e che è dichiarato fin dal titolo. The Imitation Game si ispira liberamente al test di Turing illustrato in un articolo del 1950, che occupa una scena cardine del film: l’agente chiede a Turing: “Può una macchina pensare?”, “La sua è una domanda stupida. È ovvio che le macchine non possono pensare come le persone; una macchina è diversa da una persona e pensa in modo diverso”, dice lui, e continua “La domanda interessante è: Poiché qualcosa la pensa in modo diverso da noi può forse voler dire che non sta pensando? … Qual è il punto di avere gusti diversi, avere diverse preferenze se non mostrare che i cervelli lavorano diversamente, pensiamo diversamente. E se diciamo questo delle persone non possiamo dire lo stesso di cervelli fatti di rame e acciaio e cavi?”. “E questa è la sua pubblicazione? Qual è il titolo?”. “Il gioco dell’imitazione; è una sorta di test, per stabilire se si ha davanti una macchina o un essere umano”.
Inoltre il film ha ricevuto dure accuse di aver offeso la memoria di Turing. Nel film, infatti, Turing copre John Cairncross, membro del suo team, quando capisce che è una spia sovietica. Nella realtà, Cairncross non faceva parte del team e Turing non l’ha probabilmente nemmeno mai incontrato nei vialetti di Bletchley. Un’inaccettabile infamia, un’accusa di tradimento che è un’offesa del tutto gratuita.
Il film mostra debolezza anche quando vuole affidare agli scienziati, e a Turing in particolare, le decisioni sulle azioni strategico-operative da intraprendere a seguito della decifrazione dei messaggi nazisti, relegando a un ruolo di second’ordine i più alti gradi militari e gestendo in modo sbrigativo e discutibile una questione delicata come la responsabilità etica dello scienziato.
Critiche a parte, il film resta molto piacevole e ci teniamo a chiudere citando una delle molte scene incisive. Uno scorbutico e saccente Turing, che sta per iniziare il suo lavoro a Bletchley, mette tutti a tacere a proposito del metodo per decifrare Enigma: “Si tratta di decifrare 159 milioni di milioni di milioni di possibili impostazioni ogni giorno. Non dobbiamo fare altro che provarle tutte. Ma se avessimo 10 uomini a controllare 1 impostazione al minuto per 24 ore al giorno e 7 giorni alla settimana, per impedire un attacco imminente bisognerebbe fare controlli che richiedono 20 milioni di anni in 20 minuti! Per questo sto progettando una macchina che ci permetterà di decifrare ogni messaggio ogni giorno all’istante”. E’ necessario affidarsi a una macchina perché qualunque tentativo, anche con le più brillanti teste, risulterebbe fallimentare.
È una scena molto efficace perché, sebbene non aiuti a comprendere i principi della crittografia, né le teorie di Turing, comunica con immediatezza quanto sia importante la scelta della strada giusta, del metodo giusto, quando si ha di fronte una sfida scientifica che appare impossibile. È quello che ha fatto Turing e che l’ha consacrato tra i grandi della scienza del XX secolo.
Antonella Testa