LOGICA E PARADOSSI (II)
Ferrarelle all’assalto del terzo principio della logica aristotelica...
Molti pensatori e studiosi post-moderni non hanno dubbi: i testi pubblicitari sono letteratura… Ecco un bel caso di messa in discussione anche del terzo e ultimo principio della logica classica, il principio del terzo escluso (esemplificato dal responso che può fornirci una margherita a cui stacchiamo i petali uno per uno: esso può essere solo “m’ama” o “non m’ama” e non è data una terza possibilità). L’efficace e proverbiale slogan di una nota acqua minerale (“Liscia o gassata? Ferrarelle!”), intende colpire al cuore proprio il tertium non datur, in nome di un assunto filosofico ed esistenziale che recita: “Se Dio vuole, al mondo c’è sempre una terza via”!
La logica classica, quella che è alla base della matematica, è la logica aristotelica. La base della logica di Aristotele è costituita dai principi già citati:
- principio di identità: A è (uguale a) A;
- principio di non contraddizione: non è possibile che sia vero sia A che non A;
- principio del terzo escluso: o è vero A o è vero non A (e non c’è una terza possibilità).
In realtà, la moderna logica matematica sviluppa interi capitoli in cui l’uno o l’altro di questi principi viene relativizzato o, addirittura, controvertito. In particolare è il carattere binario (sì/no, vero/falso) della logica aristotelica che risulta in certi contesti troppo restrittivo.
Ciò non contraddice la supremazia della logica classica: la logica aristotelica è, per così dire, la “meta-logica” con cui si argomenta a proposito delle diverse logiche che vengono messe in campo (fossero pure non rigidamente aristoteliche); ovvero, per confrontare, discutere, validare le altre logiche, si usa pur sempre la buona vecchia logica aristotelica…
Abbiamo però visto, nella prima puntata, che dipinti, canzoni, poesie, narrativa e pubblicità (diverse e sfaccettate forme della creatività umana) scompigliano un po’ la rigidità delle regole della logica. E questa sorta di rimescolamento delle carte va vissuto con allegria: qualche spazio alle identità che si smarriscono, alle contraddizioni in cui si inciampa, alle insperate terze vie è opportuno lasciarlo nelle nostre vite.
Anche perché la logica può apparire come una gabbia asfissiante: Carla, la moglie di Pietro del racconto “Il primo dei caduti” di Achille Campanile, vive la sua incompatibilità con la logica come una sorta di scelta difensiva di sopravvivenza…
Tra l’altro Carla, come molte donne, considerava la logica un’offesa. Per lei la ferrea stretta di un sillogismo, la morsa di un dilemma, l’evidenza di un assioma, erano altrettante sopraffazioni. Disgraziatamente, Pietro era un ragionatore.
Di fronte a un sillogismo, Carla non s’arrendeva né replicava con un sofisma, o con un’ipotesi per absurdum, o che so io; ma era capace di opporre questa sola parola, a cui pretendeva di dare il valore di un’argomentazione: “Delinquente.”
Achille Campanile – “Il primo dei caduti” in “Manuale di conversazione”
Certo, quanto a misoginia anche Campanile non scherza, pur se occorre riconoscergli spirito ed efficacia; e pur se qualche riga dopo riscatta Carla e tutti coloro che si sentono maltrattati quando messi all’angolo dalla logica ferrea e spietata dell’interlocutore, proponendo loro una drastica ma suggestiva via d’uscita: “In certi casi alla stretta di un ragionamento ineccepibile non si può rispondere che con una bastonata”.
Giuliano Spirito